Ti racconto una storia…

Avevo un bellissimo cane. Una rottweiler di razza, fiera e imponente, ma dolce e mansueta, sempre pronta ad acciambellarsi accanto a me per prendersi un po’ di coccole.
Ha fatto una bella vita, perché io amo i cani e sono generoso con loro, al punto di sentirmi dire spesso dagli amici che li vizio. Ma sono fatto così.
Del resto i miei cani mi hanno sempre dato molto, riempiendo la mia vita. Forse anche per questo non ho una compagna che condivida le sue giornate con me. Ho lasciato che la vita scorresse giorno dopo giorno senza fare nulla che potesse lasciar pensare che avessi bisogno di qualcuno, con quell’atteggiamento di “basto a me stesso, state alla larga”.
Gli amici che hanno cercato di cambiare il mio stato civile da single convinto a qualcos’altro, non sono più miei amici. Se sei convinto di conoscere i miei bisogni più di me, ti lascio nella tua convinzione, ma a qualche chilometro di distanza.
Penso che il primo comandamento dell’amicizia sia comprendere davvero chi hai davanti e avere profondo rispetto delle sue scelte.
Ci sono tante persone così piene di sé da essere convinte di aver capito tutto di te. E così presuntuose da pensare che devono far qualcosa per riportarti sul giusto sentiero, perché stai percorrendo la strada sbagliata. Non hai capito che cosa è veramente importante per te e stai vagando smarrito senza saperlo. Per fortuna ci sono io, che ho capito di cosa hai bisogno. Lascia fare a me e vedrai che salto di qualità farà la tua vita. Lascia che decida cosa mettere dentro la tua vita e cosa togliere. Vedrai che bella vita ti offro. E mi ringrazierai, oh si, quanto mi ringrazierai.
E io ringrazio prima ancora che tu cominci a giocare a puzzle con la mia vita.
Grazie, apprezzo molto. Ora, per favore, spostati e lasciami nella mia misera e povera vita. E siccome sono riconoscente per lo sforzo che hai fatto con me, voglio toglierti anche il cruccio di essere preoccupato di come va la mia vita: dimentica che esisto. È stato un brutto sogno, dal quale per fortuna ti sei svegliato. Cancella i miei riferimenti, cancella la mia esistenza dalla tua memoria. Sono convinto che nel tuo percorso di vita troverai sicuramente qualcun altro che ha bisogno che tu comprenda di cosa ha bisogno. Sarà felice quando gli colmerai la vita. E ti ringrazierà, oh si, quanto ti ringrazierà.
Ma divago, forse perché più o meno inconsciamente allontano i brutti ricordi.
I ricordi di Karen, la mia bella e fiera cagna.
Quando la colpì un brutto male fu un duro colpo per me.
No, non un brutto male. Mi sono ripromesso di essere sincero e di dire le cose come sono. Brutto male non significa nulla, non lo trovi nell’enciclopedia medica. Chiamiamo le cose con il loro nome.
Quando a Karen fu diagnosticato un cancro, fu un duro colpo per me.
È vero, aveva ormai l’equivalente di novanta e più anni di un essere umano. Ma i cani, come le persone, non hanno una data di scadenza. Quando è scaduto, lo butti via e non ci pensi più. No, non abbiamo una data di scadenza.
E quando il mio cane cominciò a stare male, l’oncologa mi disse di valutare seriamente l’eutanasia. Mi disse: “Perché farla soffrire inutilmente? Ha fatto una bella vita, si vede. Ora sta soffrendo, non accaniamoci facendola soffrire ancora di più”.
Gli dissi che non era facile per me decidere di terminare la sua vita.
Allora, comprendendo il mio stato d’animo, con tanta dolcezza mi prese una mano e mi disse: “Capisco, è difficile, perché fa male. Ma questo è il momento di essere generosi, di non essere egoisti. La separazione da chi amiamo ci provoca sofferenza e il nostro egoismo ci spinge a cercare di proteggerci per non provare dolore.
Al contrario, la nostra generosità è pronta a sacrificarsi per il bene altrui.
La nostra generosità può evitare un declino lento e doloroso per un essere vivente che ci ha dato tanto amore.
Non lasciamo che l’egoismo e la paura di soffrire allunghino inutilmente la sofferenza e il dolore di qualcuno a noi caro”.
Quelle parole mi toccarono nel profondo, così decisi di accompagnare Karen nel suo ultimo viaggio.
Rimasi al suo fianco quando subito dopo la prima iniezione lei si addormentò.
E fui ancora al suo fianco quando, poco dopo la seconda iniezione, il suo respiro cessò.
Piansi, perché dovrei negarlo?
Ma uscii dalla clinica più sollevato, perché mi ero detto così tante volte che ero stato generoso, che alla fine ne ero davvero convinto.
E ora veniamo a noi.
Si, perché la vita spesso è strana. E ti colpisce sempre la sua imprevedibilità.
Così quando fu la mia volta e, tre mesi dopo, mi diagnosticarono un cancro al fegato, ci rimasi male, anche se il primo istinto fu quello di mettermi a ridere.
“È il Karma che pareggia i conti con me?” mi chiesi. “Ho deciso di far morire il mio cane e ora pago il debito di vita che ho determinato?”
Ma non c’è stata e non ci sarà una risposta.
Questo accadeva sei mesi fa.
Ora sono giunto al capolinea di questo breve giro di giostra, come diceva uno dei miei scrittori preferiti.
Ormai la quantità di morfina che devo assumere per non sentire dolori lancinanti è vicina al punto di non ritorno, quando non avrò nemmeno più coscienza di essere.
Se non voglio contorcermi dai dolori devo pagare questo scotto e cadere nell’incoscienza, aspettando solo che il cuore decida di averne abbastanza.
Ma mi hanno sempre detto che ho un cuore molto forte, quindi non sarà una breve passeggiata.
E qui, dunque, mi chiedo: perché?
Perché la nostra “generosità” ci permette di porre fine alle sofferenze inutili di un cane e non ci permette di far smettere di soffrire un essere umano?
Perché sono costretto a diventare una larva dolorante, che si consuma giorno dopo giorno in una agonia senza fine?
Forse perché Dio vuole che espiamo con il dolore una vita colma di peccati? Davvero? Perché il dolore ci purifica dei peccati?
Con il dolore ripago il fatto di aver amato tante donne senza mai sposarle?
Con il dolore posso fare ammenda per non aver frequentato la chiesa? Di non essermi più confessato dopo la prima comunione che mia nonna mi impose di fare?
Devo essere felice di questo percorso di dolore perché una morte improvvisa e indolore in una notte qualsiasi mi avrebbe portato alla dannazione eterna?
E alle mie amiche, che mi hanno amato a loro volta senza sposarmi, perché magari già sposate o semplicemente perché con uno spirito libero, devo augurare un cancro in modo da assicurarle un eterno futuro di beatitudine?
Un amico mi disse che, secondo la filosofia buddista, siamo nati come esseri umani dopo aver vissuto tante vite come animali, anche come cani. Ed essere ora esseri umani è un grande privilegio.
Allora voglio tornare ad essere un cane, con un padrone generoso.
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